“130 €” mi dice da dietro la penombra della guardiola una voce austera.
La guardo: occhi blu mare infossati in un volto ossuto, capelli neri stretti in uno chignon alla nuca. Mani sinuose si avvicinano al vetro per prendere con noncuranza il denaro.

Raccolgo la mia ricevuta e, turbata, me ne vado.
Ho appena sottoscritto un abbonamento nel parcheggio bene della Verona centro. Ogni sera torno a riprendere la macchina – che nemmeno vale il costo del canone giornaliero – e con entusiasmo sono accolta da musica trasmessa ad un volume accettabile.

Settimane di Čajkovskij, Asafyev, Vivaldi, che ravvivano il cuore, si intervallano ad altre di banali pezzi di musica pop che non cito per non creare antipatie.

Appurato quindi che la musica non è uno strumento di marketing sensoriale applicato dall’Azienda, decido di indagare sull’artefice di tale selezione.

Inconsapevolmente so che sto cercando quella donna misteriosa, affascinante al punto da non poter essere dimenticata.

Mi affaccio alla guardiola delle informazioni proprio in una delle sere in cui vigorosa e dominante impera l’Inverno di Vivaldi.

“Scusi, chi decide la musica da mettere al parcheggio?” chiedo con gentilezza.
“Io!” – risponde la stessa voce severa che mi sottoscrisse l’abbonamento. Con un guizzo elegante la donna si alza dalla sedia e si avvicina al vetro.

– Bella! – penso tra me e me mentre guardo quel fisico asciutto e proporzionato mortificato dietro la rigorosa divisa blu.

“Volevo solo complimentarmi” dico imbarazzata “Mi piace la musica classica, mi mette di buon umore!”

Sorride scettica mentre non riesco a nascondere la mia curiosità.
http://www.pinterest.com/pin/56787645275529008/Lei è Aurika, un’ex ballerina rumena che oggi all’età 50 anni e poco più, lavora come tuttofare al parcheggio.

Ha abbandonato la danza nell’ 89 dopo la caduta di Ceausescu, così come la Romania, il suo paese, per cercare un lavoro e mantenere la famiglia.

Studiava all’Accademia Nazionale di Bucarest. Lo Stato le garantiva la formazione ma, una volta giunta in Italia, l’età e la nazionalità annientarono anni di sacrifici a sanguinar sulle punte e di diplomi conseguiti.

Nessuno cerca o assume una vecchia ballerina.

“Ho scelto l’amore” rivela con un velo di rammarico “e sono rimasta in Italia. Se fossi andata in Germania magari … ” e malinconica fissa un punto lontano che non so vedere.

Aurika parla di arabesque e fouettès con una semplicità che incuriosisce, ricorda la sua Giselle e di non essere mai stata all’altezza di essere un Cigno del Lago.

Non ci credo. Parla con un accento musicale violento e greve, intervallato da consonanti sorde come la K, che sembrano frustare l’aria.

Aurika è leggera nel suo racconto; la immagino volteggiare sulle punte delle scarpette rosa, mentre lancia le gambe snelle in un grand jetè, affamata, nonostante il pasto energetico a base di pane e marmellata di prugne garantito dal regime.

Ogni sera mi basta sentire la musica per sapere se Aurika è di turno.
Quando c’è, apro la portiera con una sgraziata pirouètte, ricordando di quando anch’io, come tutte le bambine anni ’80, sognavo di diventare una ballerina… Fino all’avvento di Non è la Rai, dell’adolescenza e alla popolarità data dal cubo delle discoteche.

La vita cambia e così la danza.

(Galina Ulanova)